Il patrimonio urbano di Aurora. Una definizione estesa di struttura storica

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di Francesca Padovano

Il quadro normativo relativo al rapporto tra urbanistica e patrimonio introdotto dall'art. 24 della L.R. 56/77 (legge Astengo), e il lavoro del gruppo di ricerca del Politecnico di Torino per gli studi del nuovo Piano Regolatore[1], guidato da Vera Comoli nei primi anni Ottanta, hanno prodotto una visione allargata della città storica e una profonda revisione delle chiavi interpretative impiegate per lo studio storico delle realtà urbane. Il principio di analisi della città messo a punto in tale contesto vede il superamento dei concetti stessi di centro storico e della sua perimetrazione, intesi come ambito esclusivo e privilegiato di indagine storico-architettonica, per aderire a un criterio più aggiornato culturalmente, introducendo un tipo di analisi che guarda alla “struttura storica della città” e non più soltanto alla “struttura della città storica”[2].

Il concetto di beni culturali ambientali, sancito dalla normativa regionale e applicato nelle analisi storiche per il Piano, rappresenta un criterio fondante: l’esigenza di evidenziare la consistenza di un patrimonio senza separare gli elementi giudicati “bene culturale” dalle altre parti di città e di territorio.

Leggere i beni culturali ambientali come prodotto del processo di una vicenda storica stratificata[3], è il principio di analisi attraverso cui Comoli, Viglino e il loro gruppo intendevano trasmettere la relazione che intercorre tra le vicende storiche e la struttura del territorio. Per tale ragione, se considerate di per sé, le vicende storiche apparirebbero come un labirinto diventando “astratte ed estranee alla struttura”, smarrendo ogni memoria. Soltanto attraverso una ricucitura del rapporto tra vicenda storica e ambiente è possibile cogliere il significato della memoria, significato “che sostanzia anche il legame tra la città e il suo territorio formandone un corpo inseparabile”[4].

Le indagini storiche e morfologiche sviluppate nei primi anni Ottanta fanno quindi emergere alcuni luoghi di valore storico della città e, nello specifico, del tessuto urbano del quartiere Aurora (allora parte del quartiere 7 Aurora - Rossini - Valdocco), attraverso la perimetrazione di piccole mosaicature che riconoscono e rappresentano i nuclei generatori del processo di crescita della Borgata (insediamenti e ambiti urbani), acquisiti entro la struttura del Piano Regolatore del 1995 come zone urbane storico-ambientali.

A distanza di circa quarant’anni dallo studio Beni culturali ambientali nel Comune di Torino (pubblicata nel 1984), e nel quadro del ripensamento degli strumenti urbanistici di Torino, si è reso opportuno verificare la persistenza dei caratteri ambientali e storico-culturali della Borgata Aurora nella sua consistenza attuale, indagando le permanenze storiche, i resti materiali dell’impianto urbano e dell’edificato, nonché gli effetti materiali del processo normativo di perimetrazione degli ambiti praticata dal Piano vigente.

Il rilievo dello stato attuale ha individuato cambiamenti e trasformazioni all’interno dell’impianto urbanistico e dei tessuti edilizi caratteristici delle diverse fasi storiche, così come negli usi e nella consistenza attuale dei singoli manufatti, instradando una nuova fase di lettura critica e interpretativa dei beni presenti e dei loro valori. Se infatti il patrimonio culturale è un costrutto sociale, le pratiche sociali che riguardano il tessuto storico sono parti integranti dei processi di patrimonializzazione a scala urbana.

Tale consapevolezza ha condotto all’individuazione non solo delle componenti edilizie e infrastrutturali degli ambiti, ma soprattutto dei sistemi relazionali storici attualmente riconoscibili nel quartiere, comportando un’analisi sulla leggibilità delle relazioni che intercorrono tra le permanenze storiche, a scala di ambito urbano. A ogni sistema è stato attribuito un grado di riconoscibilità, che dipende dalla continuità dei segni della storia, dalla presenza degli elementi strutturanti il sistema, dalle configurazioni attuali e le connotazioni ambientali venutesi a creare a seguito delle trasformazioni.

L’approccio metodologico utilizzato nelle analisi odierne trae ispirazione dalle indagini che avevano contraddistinto la scuola interpretativa torinese, facente capo a Vera Comoli, approfondendo con chiavi di lettura attuali l’iniziale intuizione metodologica, fondata sul superamento del concetto di beni minori e sull’apprendimento della natura sistemica e complessa del patrimonio, dove “tutto è ‘maggiore’ o ‘minore’ in funzione e dipendenza del territorio su cui insiste e della scansione cronologica cui afferisce”[5].

Con l’obiettivo di acquisire una cognizione odierna di patrimonio urbano del quartiere Aurora, l’attuale ricerca ha realizzato un confronto critico tra i dati dello studio del 1984 e l’indagine diretta in situ, dando impulso alla riperimetrazione di quegli ambiti, o parti di essi, che rappresentano beni o sistemi di beni e, soprattutto, alla formulazione di nuove categorie. Tali categorie rappresentano i luoghi “portatori di valori storici riconoscibili”[6]da tutelare attivamente, e i valori culturali latenti del quartiere che possono giocare un ruolo rilevante nelle politiche urbane, in quanto costituiscono potenzialità da valorizzare e/o sviluppare. L’attribuzione di un giudizio di valore per ogni categoria di beni e sistemi di beni consente una prospettiva normativa e progettuale, nonché la predisposizione di strumenti di tutela attiva o di trasformazione più congrui.

 

[1]Nel 1985 l’elaborazione del Nuovo Piano fallisce (Piano “Radicioni”), ma il lavoro di ricerca verrà poi acquisito dal Piano “Gregotti” del 1995.

[2]V. Comoli, Introduzione, in Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Politecnico di Torino, Dipartimento Casa-Città, 2 voll., Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, vol. I, Torino 1984, p. 17.

[3]V. Comoli, La ricerca sui beni culturali ambientali, in M. Viglino (a cura di), Storia e architettura della città, Atti delle giornate di studio Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Dipartimento Casa-Città del Politecnico di Torino, ed. dell’Orso, Alessandria 1986, p. 31.

[4]V. Comoli, Introduzione, in Beni culturali ambientali cit., p. 17.

[5] C. Devoti, Dai “beni minori” al patrimonio diffuso: conoscere e salvaguardare il “non monumentale”, A. Longhi, E. Romeo (a cura di), Patrimonio e Tutela in Italia. A cinquant’anni dall’istituzione della Commissione Franceschini (1964-2014), Cultural Heritage collana di storia, analisi, conservazione e valorizzazione del Patrimonio culturale n. 8, Ermes, Ariccia 2017, p. 145.

[6] A. Longhi, Il territorio esplorato: lo studio delle fonti materiali e l’individuazione dei sistemi di beni culturali, in A. Longhi, La storia del territorio per il progetto del paesaggio, Regione Piemonte, L’Artistica, Savigliano 2004, p. 85.

Estratto Tesi Francesca Padovano
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